La filosofia della comunità
La dipendenza è un fenomeno estremamente complesso, che racchiude una molteplicità di aspetti, riguardanti il comportamento dell’individuo, i vissuti, i significati psicologici e le conseguenze che derivano da tale esperienza. Per questo motivo il concetto di dipendenza può essere definito secondo svariati punti di vista, ed una definizione che tenga conto di un solo aspetto di questo fenomeno, che investe invece l’individuo a vari livelli e nella totalità del suo funzionamento, non risulta esaustiva ed impedisce l’interpretazione di una tale complessità; allo stesso modo un intervento riabilitativo rivolto alle dipendenze che non tiene conto di tale complessità risulterebbe inutile e fortemente cronicizzante per lo stato di dipendenza. E’ per tanto riduttivo cercare di comprendere e intervenire sul fenomeno della dipendenza appellandosi solo alle caratteristiche della sostanza che si assume e/o del comportamento dipendente, oppure rintracciando solo nella personalità del soggetto i tratti che giustifichino la tendenza a sviluppare la dipendenza stessa. Sembra invece più utile puntare l’attenzione sulla relazione sistemica che si instaura tra l’individuo e l’oggetto, un processo unico, particolare e carico di significati . Non è quindi il tipo di droga o di attività a causare la dipendenza, ma l’interazione sistemica soggetto-oggetto. Bateson (1976,1984) ha fornito un’inquadratura concettuale molto interessante per spiegare la complessità dei sistemi umani, che non seguono affatto una struttura monocausale lineare. Ciò che deriva in seguito ad un evento retroagisce, secondo l’autore, sulle cause, andando a ristrutturare il vissuto e la percezione di sé. Non sono quindi le cause a provocare il comportamento, ma è l’esito del comportamento stesso che, creando un particolare significato, né faciliterà o meno la reiterazione.
Raccogliendo i presupposti sistemici di Bateson, Rigliano (1998) formula una definizione della dipendenza molto densa di significato: “La dipendenza è ciò che risulta dall’incrocio tra il potere che la sostanza ha in potenza e il potere che quella persona è disposta ad attribuire alla sostanza”
Il soggetto, portatore di una serie di caratteristiche e di bisogni, incontrando l’oggetto della dipendenza che può essere una sostanza, un comportamento, una relazione, un modo di vivere, un idea, vive un’ esperienza particolare data dalla ristrutturazione che il Sé subisce a seguito di questo incontro. L’interpretazione di questo vissuto pone le basi per il suo ripetersi.
“il fulcro della dipendenza è l’esperienza soggettiva,
il modo in cui l’oggetto cambia la condizione dell’individuo”.
Shaffer, 1996
La dipendenza non è un “vizio”, né una malattia, ma è un processo che si innesca quando una persona, nel contatto con un particolare oggetto si sperimenta in maniera diversa e legge questa ristrutturazione del Sé come positiva e più funzionale. E’ la convinzione individuale, in seguito ad un esperienza soggettivamente interpretata, di avere trovato in un posto e solo in quel posto la risposta fondamentale a propri bisogni e desideri essenziali: che non è possibile soddisfare altrimenti (Rigliano, 1998). Il rapporto tra individuo ed oggetto diviene esclusivo, perché solo quell’oggetto fornisce una risposta esaustiva ai bisogni di cui quell’individuo è portatore. Secondo quest’ottica, la dipendenza non ha una o più cause, ma si costruisce in una circolarità di bisogni e significati, che restringono il campo delle scelte possibili ad unica opzione, quella del contatto con l’oggetto; oggetto che ha la capacità di provocare stati soggettivi di piacere e in certi casi di euforia, cioè alterazioni nello stato di coscienza ordinario, i quali forniscono la motivazione principale che alimenta il comportamento di dipendenza, andando a “rompere” quell’equilibrio interno fonte di malattia. In questo senso, Peele (1985) ha messo in evidenza nel suo “The Meaning of Addiction” che la dipendenza può scaturire da qualsiasi potente esperienza la cui sensorialità ha lo scopo di alleviare il dolore, l’ansia o altri stati emotivi negativi attraverso una diminuzione della coscienza o in un innalzamento della soglia di sensibilità; pertanto, tutte le esperienze efficaci nell’alleviare il dolore potranno inevitabilmente essere fonte di dipendenza. Tutti i comportamenti di dipendenza sono accompagnati da una forma di “craving” che si esplicita in un’attrazione così forte verso alcune sostanze o esperienze da comportare la perdita del controllo e una serie di azioni obbligatorie alla soddisfazione del desiderio. La ricerca di sostanze o esperienze capaci di alterare lo stato di coscienza costituisce il nucleo fenomenologico comune alle varie forme di dipendenza, poiché il soggetto attraverso la sensorialità derivante da un’alterazione dello stato di coscienza ordinario, riesce meglio ad accrescere la sua autostima, a migliorare l’immagine di sé e a sentirsi più sicuro nelle situazioni sociali, quindi i fenomeni di dipendenza vanno situati lungo un continuum che va dal normale al patologico, condizione in cui l’elemento principale sarebbe il ricorso a esperienze di isolamento e di sottrazione del Sé dalla realtà ordinaria.
Steiner (1993) definisce le esperienze di sottrazione del Sé dalla realtà ordinaria come “rifugio della mente”, intendendo con questa definizione i luoghi mentali ma anche i comportamenti ripetitivi, i riti e le abitudini personali, in cui l’individuo si ritira quando si vuole sfuggire a una realtà insostenibile perché angosciosa. I rifugi della mente funzionano quindi come “medicazione dell’IO” , di un IO che si sente danneggiato o in grave pericolo quando è posto di fronte alla necessità di affrontare il lutto e il dolore psichico collegato con la paura della perdita o con l’esperienza della perdita (separazione). I rifugi della mente quindi servono a neutralizzare, controllare ed elaborare l’angoscia di morte e l’aggressività di tipo primitivo ma, nei soggetti in cui tali problematiche sono particolarmente disturbanti, il rifugio perde le sue capacità nutritive e integrative , potendo così dominare la psiche e dando luogo ad una patologia che presenta una vasta gamma di manifestazioni che vanno dal ritiro dal mondo oggettuale a favore di attività autoerotiche , alle varie forme di dipendenza morbosa , fino ai veri e propri disturbi dissociativi.
Si tratta di esperienze in cui trionfano onnipotenza, fantasie di scenari e di sensazioni interiori, perdendo ogni limite e tutto finalmente diventa “possibile”.